Le cose spiegate come andrebbero spiegate.

Tristan Guida
3 min readMay 13, 2021

Ieri Linkiesta ha pubblicato un pezzo di Guia Soncini intitolato “La transessualità dei bambini è la nuova sindrome di Münchhausen” in riferimento al caso di un bambino inglese di quattro anni, di cui i genitori hanno fin da subito accolto positivamente una serie di manifestazioni di incongruenza rispetto al genere assegnato alla nascita, decidendo di supportarlo in un percorso di affermazione della propria identità di genere. Il pezzo di Soncini è un manifesto di transfobia oltre che un esempio di scuola di giornalismo disinformato, pertanto trovo che sia controproducente regalargli una visibilità che non merita né per forma né tantomeno contenuti. Tuttavia, ritengo opportuno rivolgermi a chi genitore lo è/lo sarà e si trova/si troverà a interagire con unə figliə transgender, cosicché abbia gli strumenti per accompagnarlə al meglio nel suo iter di transizione. Soncini si domanda quale sia la differenza tra genere e identità di genere, concludendo che l’identità di genere, cito testualmente, sia “fai un po’ il cazzo che ti pare”. Ma non preoccupatevi, non occorre aver conseguito un dottorato di ricerca in gender studies a Harvard per aver chiara la differenza, basterebbe lasciare la parola alle persone trans*, come non hanno mancato di fare in più occasioni Giulia Siviero per Il Post e Claudia Torrisi per Valigia Blu (consiglio di quest’ultima un longform firmato insieme ad Andrea Zitelli in cui tra i vari punti si analizzava in dettaglio la 164/82 in comparazione con le leggi che in altri paesi UE regolamentano la rettificazione anagrafica del sesso).

Dunque, partiamo dalle basi.

Il genere è un costrutto socio-psico-culturale che si compone di più aspetti: l’espressione di genere (il modo in cui esprimiamo il nostro genere nel mondo soprattutto attraverso l’estetica, vedi abbigliamento e taglio di capelli etc); il ruolo di genere (il genere che performiamo nel mondo attraverso una serie di comportamenti e schemi di soggettivazione e relazione); l’identità di genere (il senso più intimo di sé in relazione al genere, che può essere più o meno allineato a quello assegnato alla nascita sulla base dell’anatomia genitale — in caso di coincidenza la persona ha un’identità cisgender, in caso di incongruenza transgender). Contrariamente a quanto si inferisce dalle righe di Soncini, vi assicuro che noi persone trans* non annoveriamo il rogo dellə ostetrichə in pubblica piazza tra gli obiettivi della lotta di liberazione. L’ostetricə che assegna il genere alla nascita a partire dagli organi genitali si inserisce soltanto all’interno di un sistema medico totalitario di soggettivazione coatta che, in violazione al principio di autodeterminazione del singolo, sovrappone sesso e genere — o meglio genitali e genere — e che vede nell’eterosessualità, nel cisgenderismo e nell’allonormativita i propri standard di intellegibilità sociale. La narrazione d’odio prodotta sulle soggettività transfemministe in lotta contro la “prepotenza dell’ostetricə” è pura fiction, anche di cattiva qualità.

Genitori, questo messaggio è per voi: se vostrə figliə fa coming out come persona trans* e vi mette a parte del percorso di riallineamento sociale e/o medicalizzato che intende intraprendere nonostante l’inferno di burocrazia che lə attende, accogliete questo atto come una manifestazione di fiducia, stima e affetto nei vostri confronti. Vostrə figliə, che è un’entità indipendente da voi, intraprenderà un percorso verso il benessere psico-fisico per abitare il mondo in un’identità e in un corpo che coincidano con il senso più profondo, solido e centrato di sé.

Figlə, questo messaggio è anche per noi: se i nostri genitori, quando siamo adolescenti o adulti, fanno coming out come uomini e donne trans* o persone non binarie, ricordiamoci che prima di essere genitori sono persone a cui, in quanto esseri umani, dobbiamo ascolto e rispetto anche al di là della nostra comprensione. L’unica vera domanda che genitori e figlə dovrebbero porsi reciprocamente di fronte a un percorso di affermazione di genere, ma non solo, è: sei felice? Se ci fermiamo a riflettere criticamente sulle motivazioni per cui la transizione di genere di un nostro affetto ci appare così lesiva dei nostri diritti e del nostro benessere, ci accorgeremo che non siamo abituatə alla bio-diversità, che per ottimizzare i processi produttivi lasciamo che il nostro sguardo si sottragga all’esercizio della complessità, ma sopra ogni cosa riteniamo che il sistema-mondo preveda una quantità limitata di diritti da distribuirsi a vantaggio esclusivo di alcune soggettività e a strutturale discapito di altre.

In conclusione a Soncini, così come a Serra e Aspesi, ricordo che chi scrive ha una responsabilità sociale, soprattutto con un bacino di lettori tanto ampio quanto quello delle testate con cui collaborano. Nota personale a margine: il femminismo è trans-femminismo o non è.

--

--

Tristan Guida

Non binary (he/him they/them). Radical left-wing. International politics addict. Writing on body image, eating disorders and gender identity. IG @giu_stap_punto